Arizona: Grand Canyon
Dopo poco più di 2 ore e mezza di strada e con un’ora guadagnata grazie al fuso, arriviamo al Grand Canyon che sono da poco passate le nove. Venendo da Page accediamo al parco dal cancello Nord del South Rim. Troviamo il solito, cordialissimo, ranger che ci consegna la consueta mappa del parco e il giornalino informativo sullo stesso. Il South Rim è la parte del parco a sud del Colorado che lo divide in due. E’ il lato più frequentato e accessibile oltre che aperto tutto l’anno. Il North Rim, chiuso d’inverno per neve, risulta essere più selvaggio, ma vista la maggiore altitudine anche meno ricco di fauna. La prima tappa è Desert view, un punto di vista estremamente spettacolare sul quale è stato costruita una torre che fungeva sia da vedetta che da ristoro per i viaggiatori. Il Grand Canyon si dispiega sotto il nostro sguardo in tutta la sua maestosità. Dopo aver visitato diversi parchi, non ti aspetti un tale imponenza, con formazioni montuose modellate dal fiume prima e dagli agenti atmosferici poi, così vaste e grandiose. Il South Rim è un’enorme altopiano a quota 2400 metri con clima desertico e il Colorado scorre 800 metri più in basso a 1600 metri. Per questo motivo i punti di vista da cui poter scorgere il fiume sono pochi e la nostra prima tappa è uno di quelli. Risaliamo in auto e ci avviamo verso il Grand Canyon village che si trova 25 miglia più a sud e comprende il visitor center e alcuni alberghi, sempre pieni. Lungo la strada ci fermiamo ad ammirare il canyon dai vari punti di vista e nel frattempo leggiamo il giornale informativo.
Con nostro interesse, notiamo che i ranger del parco propongono giornalmente alcuni programmi che possono essere escursioni o incontri con i ranger stessi che raccontano parte della storia del parco o della sua fauna da point of view particolarmente adatti al momento. Apprendiamo anche che il parco è mortalmente pericoloso: il clima secco, ma fresco dovuto all’altitudine inganna l’escursionista e cercare di raggiungere il Colorado e tornare in giornata è molto pericoloso. Infatti la temperatura, scendendo nel canyon, aumenta fino a superare i 40°C e, complice la secchezza del clima, a disidratare i malcapitati. Gli avvertimenti all’inizio dei sentieri si sprecano e c’è scritto chiaramente che tentare l’impresa può significare morire. Purtroppo scopriamo anche che per accamparsi una notte sul fondo del canyon, al Phantom Ranch è necessario un permesso da chiedere almeno 4 mesi prima, per non parlare di dormire al ranch dove le prenotazioni devono essere fatte almeno un anno prima!
Il mio consiglio, con un’adeguata preparazione, è di attrezzarsi e prenotare una notte sul fondo del canyon in quanto l’esperienza del contatto con la natura selvaggia non credo abbia eguali. Attenzione che la cosa non è una passeggiata né dal punto di vista fisico, né naturalistico in quanto tra la fauna locale si annoverano anche serpenti a sonagli, orsi, leoni di montagna, tarantole vicino alle cascate oltre ad animali innocui.
Nel nostro peregrinare tra i vari punti panoramici facciamo il nostro incontro con diversi scoiattoli, molto a loro agio tra la gente, e anche un serpente che un ranger ci confermerà essere a sonagli: anche lui in escursione in quanto di solito si trovano dentro il canyon.
Nel frattempo arriviamo al visitor center dove prendiamo alcune informazioni sul come partecipare ai programmi: basta trovarsi nel luogo di partenza all’ora prefissata. Decidiamo di partecipare al Condor talk program, in cui un ranger ci illustrerà, con molta ironia, come questo splendido rapace sia stato reintrodotto come specie protetta nel Grand Canyon dopo la strage perpetrata dai cacciatori. Dal luogo dell’incontro i Condor sono molto ben visibili e più volte ci planano vicino facendoci apprezzare la loro imponenza e leggiardria nel volo.
Passeggiamo quindi un poco lungo Rim Trail, il sentiro che si snoda a bordo canyon e unisce i vari punti di panoramici: privo di difficoltà è comunque tutto al sole e quindi sconsigliato nelle ore più calde e, in ogni caso, non deve mancare mai la giusta dose d’acqua.
Verso le 15 prendiamo la macchina per dirigerci verso l’ albergo e facciamo il nostro primo incontro con delle alci che brucano gli alberi a bordo strada; nei nostri successivi spostamenti ci imbatteremo in parecchi di questi animali, che sono in grande numero nel parco e il cibo preferito dei leoni di montagna. Fatto il check-in ci riprendiamo un attimo e ci prepariamo per il programma successivo: The Spirit of Sunset. Si svolge al Desert view e visto che la temperatura cala drasticamente a sera ci abbigliamo di conseguenza. La ranger che conduce il programma ci racconta della creazione e funzione del corpo forestale e poco prima del tramonto ci lascia ad ammirare l’ennesimo, mozzafiato, spettacolo naturale.
Fatta la spesa per l’escursione della mattina successiva, facciamo una doccia e usciamo a cena. Ovviamente è tutto piuttosto caro e cattivo; una delle più grandi pecche di questo viaggio è che al di fuori delle steak house, si mangia veramente male!
Tornati in albergo ci prepariamo due zaini pieni d’acqua e cibo per l’indomani quando scenderemo per un tratto nel canyon, guidati da un ranger. La partenza è alle 7 quindi la sveglia sarà alle 5:30!
L’escursione nel canyon segue il percorso del Kalibab trail, definito IL sentiero che scende fino al Colorado. Lungo il percorso non si trova acqua e vi sono solo i servizi alle tappe designate. Il percorso è bellissimo e apprezziamo meglio la magnificenza di questo parco aiutati anche dalla nostra guida che, molto simpatica, ci illustra flora, fauna e formazioni rocciose che troviamo durante il cammino. La discesa non è faticosa e arriviamo in un oretta a Cedar Ridge. Qui gli scoiattoli
curiosi si avvicinano e quasi si fanno accarezzare. In verità sono in cerca di cibo o almeno briciole, ma nessuno li soddisfa in quanto, una volta di più, è vietato dare da mangiare alla fauna. Da Cedar Ridge si protende nel canyon un promontorio di roccia rossa, su cui andiamo a sdraiarci e fare qualche foto. Sono solo le 9 di mattina ma già il sole comincia a farsi sentire. Da qui possiamo ammirare meglio le diverse composizioni di rocce e colori che caratterizzano tutte le formazioni dell’altopiano le cui sfumature cambiano nell’arco della giornata. Decidiamo di ritornare indietro e durante la salita ci rendiamo conto di cosa significhi camminare i questi posti. Per un ora e mezza ci beviamo 4 litri di acqua in due e comunque arriviamo in cima con pelle e labbra secche. La passeggiata nel canyon è stata molto gratificante, anche se ci fa rimpiangere una volta di più il non essere attrezzati per scendere in riva al fiume e passare una notte “in to the wild”!
Decidiamo di tornare in albergo a riposarci durante le ore più calde, per poi fare bucato e passeggiata quando il sole sta calando.
Questo è il nostro ultimo parco, l’esperienza è stata bellissima, oltre le nostre aspettative, sicuramente incompleta ma molto gratificante. A ciò si aggiunge che il paese è ospitale e gli americani gentilissimi, cordiali e naturalmente allegri. L’unica vera pecca è il cibo, pessimo ed eccessivamente pesante.
Domani trasferimento a Phoenix dove ci attende l’aereo per New York: nei prossimi giorni, vi racconteremo un’altra storia.
Con nostro interesse, notiamo che i ranger del parco propongono giornalmente alcuni programmi che possono essere escursioni o incontri con i ranger stessi che raccontano parte della storia del parco o della sua fauna da point of view particolarmente adatti al momento. Apprendiamo anche che il parco è mortalmente pericoloso: il clima secco, ma fresco dovuto all’altitudine inganna l’escursionista e cercare di raggiungere il Colorado e tornare in giornata è molto pericoloso. Infatti la temperatura, scendendo nel canyon, aumenta fino a superare i 40°C e, complice la secchezza del clima, a disidratare i malcapitati. Gli avvertimenti all’inizio dei sentieri si sprecano e c’è scritto chiaramente che tentare l’impresa può significare morire. Purtroppo scopriamo anche che per accamparsi una notte sul fondo del canyon, al Phantom Ranch è necessario un permesso da chiedere almeno 4 mesi prima, per non parlare di dormire al ranch dove le prenotazioni devono essere fatte almeno un anno prima!
Il mio consiglio, con un’adeguata preparazione, è di attrezzarsi e prenotare una notte sul fondo del canyon in quanto l’esperienza del contatto con la natura selvaggia non credo abbia eguali. Attenzione che la cosa non è una passeggiata né dal punto di vista fisico, né naturalistico in quanto tra la fauna locale si annoverano anche serpenti a sonagli, orsi, leoni di montagna, tarantole vicino alle cascate oltre ad animali innocui.
Nel nostro peregrinare tra i vari punti panoramici facciamo il nostro incontro con diversi scoiattoli, molto a loro agio tra la gente, e anche un serpente che un ranger ci confermerà essere a sonagli: anche lui in escursione in quanto di solito si trovano dentro il canyon.
Nel frattempo arriviamo al visitor center dove prendiamo alcune informazioni sul come partecipare ai programmi: basta trovarsi nel luogo di partenza all’ora prefissata. Decidiamo di partecipare al Condor talk program, in cui un ranger ci illustrerà, con molta ironia, come questo splendido rapace sia stato reintrodotto come specie protetta nel Grand Canyon dopo la strage perpetrata dai cacciatori. Dal luogo dell’incontro i Condor sono molto ben visibili e più volte ci planano vicino facendoci apprezzare la loro imponenza e leggiardria nel volo.
Passeggiamo quindi un poco lungo Rim Trail, il sentiro che si snoda a bordo canyon e unisce i vari punti di panoramici: privo di difficoltà è comunque tutto al sole e quindi sconsigliato nelle ore più calde e, in ogni caso, non deve mancare mai la giusta dose d’acqua.
Verso le 15 prendiamo la macchina per dirigerci verso l’ albergo e facciamo il nostro primo incontro con delle alci che brucano gli alberi a bordo strada; nei nostri successivi spostamenti ci imbatteremo in parecchi di questi animali, che sono in grande numero nel parco e il cibo preferito dei leoni di montagna. Fatto il check-in ci riprendiamo un attimo e ci prepariamo per il programma successivo: The Spirit of Sunset. Si svolge al Desert view e visto che la temperatura cala drasticamente a sera ci abbigliamo di conseguenza. La ranger che conduce il programma ci racconta della creazione e funzione del corpo forestale e poco prima del tramonto ci lascia ad ammirare l’ennesimo, mozzafiato, spettacolo naturale.
Fatta la spesa per l’escursione della mattina successiva, facciamo una doccia e usciamo a cena. Ovviamente è tutto piuttosto caro e cattivo; una delle più grandi pecche di questo viaggio è che al di fuori delle steak house, si mangia veramente male!
Tornati in albergo ci prepariamo due zaini pieni d’acqua e cibo per l’indomani quando scenderemo per un tratto nel canyon, guidati da un ranger. La partenza è alle 7 quindi la sveglia sarà alle 5:30!
L’escursione nel canyon segue il percorso del Kalibab trail, definito IL sentiero che scende fino al Colorado. Lungo il percorso non si trova acqua e vi sono solo i servizi alle tappe designate. Il percorso è bellissimo e apprezziamo meglio la magnificenza di questo parco aiutati anche dalla nostra guida che, molto simpatica, ci illustra flora, fauna e formazioni rocciose che troviamo durante il cammino. La discesa non è faticosa e arriviamo in un oretta a Cedar Ridge. Qui gli scoiattoli
Decidiamo di tornare in albergo a riposarci durante le ore più calde, per poi fare bucato e passeggiata quando il sole sta calando.
Questo è il nostro ultimo parco, l’esperienza è stata bellissima, oltre le nostre aspettative, sicuramente incompleta ma molto gratificante. A ciò si aggiunge che il paese è ospitale e gli americani gentilissimi, cordiali e naturalmente allegri. L’unica vera pecca è il cibo, pessimo ed eccessivamente pesante.
Domani trasferimento a Phoenix dove ci attende l’aereo per New York: nei prossimi giorni, vi racconteremo un’altra storia.
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