California: Death Valley National Park
Partenza alle 05.30 del mattino dal Comfort Inn Hotel , la strada è libera e i colori dell’alba stendono su tutto un senso di pace indefinibile. Percorriamo la route 99 fino a Bakersfield e da lì usciamo nella 178. Dopo un bel po’ di strada i fermiamo a Inyokern.:un paesino fuori della Death Valley che ricorda molto le tipiche città dei pionieri, almeno per le prime costruzioni:vediamo le tipiche case basse, lo store, il saloon, poi man mano che andiamo avanti, ci accorgiamo che, in realtà, il piccolo paese è attaccato ad altre 3-4 cittadine, e ci rendiamo conto che il paesino…non è poi così piccolo ha pure l’aereoporto…..
Facciamo il pieno e la nostra colazione nel mini store del distributore, proprio all’americana: 2 mega caffè take away con cream e vaniglia, poi ripartiamo.
Sulla strada ci siamo solo noi, percorriamo circa 250 km in una route 178 ormai talmente deserta che ci permettiamo di fare la famosa foto seduti al centro della linea gialla: un must!
Finalmente vediamo l’agognato cartello Welcome to Death Valley, e dopo una trentina di miglia arriviamo a Stovepipe Wells, dove facciamo benzina e prendiamo, al visitors center, il giornalino della Death Valley, con somma sorpresa apprendiamo che l’entrata non è a pagamento.
Colgo l’occasione per ricordarvi che ci sono ampie zone in cui il cellulare non prende: per cui assicuratevi bene prima di partire di aver fatto il pieno alla macchina e di portarvi dietro una congrua quantità d’acqua.
Di quest’ultima, noi ne abbiamo preso 24 l , in realtà ce ne è servita molto meno, ma ovunque andiate all’interno della valle ci sono avvisi e brochure che ricordano che qui la gente muore di sete, quindi bevete, anche se non avete sete! Per fortuna , quando siamo arrivati , non era una giornata caldissima, siamo arrivati al mattino con circa 30 gradi, verso pomeriggio abbiamo toccato i 35 , la sera credo fossimo arrivati a 37 -38 gradi, il giorno dopo già al mattino si moriva….c’erano già 35 gradi…diciamo che siamo stati fortunati!
La nostra prima visita è allo Scotty’s Castle, circa 35 miglia a nord di Stovepipe Wells. Nel 1927 un miliardario di Chicago, tale Johnson, costruì, per il suo amico Scotty, un castello ai limiti della valle sfruttando la presenza di una fonte d’acqua ; il magnate era alla ricerca di un po’ di pace e di silenzio, e quindi approfittava della tenuta per andarci in vacanza di quando in quando.
Il castello è molto bello, ben tenuto, dentro poi ,il buon Scotty non si faceva mancare proprio niente, in termini di tecnologia aveva tutti i migliori accorgimenti dell’epoca: ovviamente elettricità, impianto di raffreddamento e riscaldamento dell’acqua, frigoriferi! La visita guidata costa 12 dollari a persona, la signora che ci faceva da guida, vestita da cuoca dell’epoca, è stata molto gentile, parlava un americano pulitissimo, ed era facilmente capibile: l’abbiamo apprezzato soprattutto quando per qualche minuto ha preso la parola una delle restauratrici della camera degli ospiti ( c’erano dei lavori di restauro e pulizia all’interno)…non si capiva una mazza di quello che diceva! All’interno si possono fare foto, merita sicuramente una visita.
Andando e anche tornando da Scotty’s Castle abbiamo trovato vari coyote , che si avvicinano speranzosi di poter mangiare qualcosa, ma ormai lo sappiamo:” Don’t feed wild animals!”
Arriviamo così al Furnace Creek Ranch, una costruzione carina, che richiama un po’ le cittadine del western, col saloon, ovvero il bar, la steak house, il gift shop e a seguire vari bungalows . Noi siamo in fondo, al secondo piano ( giusto per rendere più difficile e ardua la via ad eventuali animali selvatici che volessero darci il benvenuto), mentre stiamo portando le valigie, in effetti intravedo un solitario coyote, che si aggira baldanzoso per il giardino….
Ricominciamo il nostro cammino avviandoci verso il Golden Canyon trail, poco fuori di Furnace Creek. Si tratta di una passeggiata di circa 3,2 km all’interno di un canyon in leggera salita; le pareti sono gialle, bianche e dorate e il sole disegna dei bellissimi riflessi; abbiamo percorso il trail fino a dove si riesce a vedere bene la cattedrale: una montagna di arenaria che risalta moltissimo, essendo rossa. Noi eravamo sul posto più o meno verso le 16, al tramonto deve essere stata ancora più bella: il punto è che tutte le zone di interesse sono magnifiche con la luce del tramonto…ma il dono dell’ubiquità ancora non ce l’abbiamo, anche se ci stiamo lavorando!
La tappa successiva è Artist trail dove si possono ammirare delle formazioni montuose di molteplici colori che vanno dal bianco al viola, passando per rossi e rosa più o meno accesi. Una bellissima strada, a senso unico, tra rocce multicolori, conduce al noto Artist palette dove le montagne assumono tante sfumature, da essere assimilate alla palette di un’artista. Nessuna foto rende giustizia della strabiliante bellezza del paesaggio che ci si para dinanzi, l’unica cosa è ammirarlo dal vivo, specie nelle ultime ore della giornata.
Concluso l’Artist Drive ci avviamo ad ammirare una parte della valle dal nome molto suggestivo: Devil’s golf course. Questa è una immane distesa di rocce ricoperte di sale, dove si mormora solo il diavolo in persona riuscirebbe a giocare a golf. La distesa è impressionante, per ampiezza e per come il sale sia cristallizzato al punto da rendere impervia e pericolosa una camminata in questa pianura, tanto taglienti e acuminati sono i costrutti.

Ultima tappa della giornata è Bad Water ovvero la più importante depressione dell’emisfero occidentale: meno 85,5 metri sotto il livello del mare. Il luogo, ai margini della distesa salina, è caratterizzato da un laghetto di pochi metri quadri che non muore mai. Le sue acque sono salatissime e nessun pesce vi vive, ma l’acqua è sempre presente in tutte le stagioni. E’ ormai il tramonto e il silenzio nella zona è assoluto: senza i rumori di sottofondo tipici delle nostre città, persi in una distesa arida e inospitale ci sediamo ad ascoltare l’assenza di rumore. La sensazione è pazzesca: il minimo scricchiolio delle assi di legno, il proprio respiro diventano suoni, la sensazione di vuoto è assoluta e si riesce a sperimentare il rumore del silenzio. E’ uno stato d’animo non descrivibile che coinvolge tutti i sensi, un’esperienza paradossalmente assordante.
Il tramonto del sole ci rammenta che è ora di fare ritorno al nostro alloggio. Fatta una doccia ceniamo alla steak house del Furnace Creek, un poco caretta ma sia il vino californiano che le bistecche che ci servono sono ottime. La levataccia comincia a farsi sentire e dopo una breve passeggiata per il ranch ci avviamo verso la camera.
Il giorno successivo ci alziamo verso le 7, facciamo colazione e partiamo per Las Vegas. Ci attendono ancora due tappe nella Death Valley. La prima è Zabriskie Point, la vista resa famosa dal film di Antonioni che dà su delle costruzioni rocciose modellate in modo incredibile e di un colore giallo intenso. Anche questo scorcio regala forti emozioni e di malavoglia ci avviamo verso la tappa successiva. Dante’s view si raggiunge lasciando la strada principale e arrampicandosi sul fianco della montagna per arrivare in un punto panoramico dove si scorge tutta la parte sud della Valle della Morte. Ovviamente la vista è sull’inferno di Dante!
Questa è la nostra ultima tappa nella suggestiva e terribilmente bella Death Valley. Un ultimo sguardo e ripartiamo: destinazione Las Vegas.
Facciamo il pieno e la nostra colazione nel mini store del distributore, proprio all’americana: 2 mega caffè take away con cream e vaniglia, poi ripartiamo.
Sulla strada ci siamo solo noi, percorriamo circa 250 km in una route 178 ormai talmente deserta che ci permettiamo di fare la famosa foto seduti al centro della linea gialla: un must!
Finalmente vediamo l’agognato cartello Welcome to Death Valley, e dopo una trentina di miglia arriviamo a Stovepipe Wells, dove facciamo benzina e prendiamo, al visitors center, il giornalino della Death Valley, con somma sorpresa apprendiamo che l’entrata non è a pagamento.
Colgo l’occasione per ricordarvi che ci sono ampie zone in cui il cellulare non prende: per cui assicuratevi bene prima di partire di aver fatto il pieno alla macchina e di portarvi dietro una congrua quantità d’acqua.
Di quest’ultima, noi ne abbiamo preso 24 l , in realtà ce ne è servita molto meno, ma ovunque andiate all’interno della valle ci sono avvisi e brochure che ricordano che qui la gente muore di sete, quindi bevete, anche se non avete sete! Per fortuna , quando siamo arrivati , non era una giornata caldissima, siamo arrivati al mattino con circa 30 gradi, verso pomeriggio abbiamo toccato i 35 , la sera credo fossimo arrivati a 37 -38 gradi, il giorno dopo già al mattino si moriva….c’erano già 35 gradi…diciamo che siamo stati fortunati!
La nostra prima visita è allo Scotty’s Castle, circa 35 miglia a nord di Stovepipe Wells. Nel 1927 un miliardario di Chicago, tale Johnson, costruì, per il suo amico Scotty, un castello ai limiti della valle sfruttando la presenza di una fonte d’acqua ; il magnate era alla ricerca di un po’ di pace e di silenzio, e quindi approfittava della tenuta per andarci in vacanza di quando in quando.
Il castello è molto bello, ben tenuto, dentro poi ,il buon Scotty non si faceva mancare proprio niente, in termini di tecnologia aveva tutti i migliori accorgimenti dell’epoca: ovviamente elettricità, impianto di raffreddamento e riscaldamento dell’acqua, frigoriferi! La visita guidata costa 12 dollari a persona, la signora che ci faceva da guida, vestita da cuoca dell’epoca, è stata molto gentile, parlava un americano pulitissimo, ed era facilmente capibile: l’abbiamo apprezzato soprattutto quando per qualche minuto ha preso la parola una delle restauratrici della camera degli ospiti ( c’erano dei lavori di restauro e pulizia all’interno)…non si capiva una mazza di quello che diceva! All’interno si possono fare foto, merita sicuramente una visita.
Andando e anche tornando da Scotty’s Castle abbiamo trovato vari coyote , che si avvicinano speranzosi di poter mangiare qualcosa, ma ormai lo sappiamo:” Don’t feed wild animals!”
Arriviamo così al Furnace Creek Ranch, una costruzione carina, che richiama un po’ le cittadine del western, col saloon, ovvero il bar, la steak house, il gift shop e a seguire vari bungalows . Noi siamo in fondo, al secondo piano ( giusto per rendere più difficile e ardua la via ad eventuali animali selvatici che volessero darci il benvenuto), mentre stiamo portando le valigie, in effetti intravedo un solitario coyote, che si aggira baldanzoso per il giardino….
Ricominciamo il nostro cammino avviandoci verso il Golden Canyon trail, poco fuori di Furnace Creek. Si tratta di una passeggiata di circa 3,2 km all’interno di un canyon in leggera salita; le pareti sono gialle, bianche e dorate e il sole disegna dei bellissimi riflessi; abbiamo percorso il trail fino a dove si riesce a vedere bene la cattedrale: una montagna di arenaria che risalta moltissimo, essendo rossa. Noi eravamo sul posto più o meno verso le 16, al tramonto deve essere stata ancora più bella: il punto è che tutte le zone di interesse sono magnifiche con la luce del tramonto…ma il dono dell’ubiquità ancora non ce l’abbiamo, anche se ci stiamo lavorando!
La tappa successiva è Artist trail dove si possono ammirare delle formazioni montuose di molteplici colori che vanno dal bianco al viola, passando per rossi e rosa più o meno accesi. Una bellissima strada, a senso unico, tra rocce multicolori, conduce al noto Artist palette dove le montagne assumono tante sfumature, da essere assimilate alla palette di un’artista. Nessuna foto rende giustizia della strabiliante bellezza del paesaggio che ci si para dinanzi, l’unica cosa è ammirarlo dal vivo, specie nelle ultime ore della giornata.
Concluso l’Artist Drive ci avviamo ad ammirare una parte della valle dal nome molto suggestivo: Devil’s golf course. Questa è una immane distesa di rocce ricoperte di sale, dove si mormora solo il diavolo in persona riuscirebbe a giocare a golf. La distesa è impressionante, per ampiezza e per come il sale sia cristallizzato al punto da rendere impervia e pericolosa una camminata in questa pianura, tanto taglienti e acuminati sono i costrutti.

Ultima tappa della giornata è Bad Water ovvero la più importante depressione dell’emisfero occidentale: meno 85,5 metri sotto il livello del mare. Il luogo, ai margini della distesa salina, è caratterizzato da un laghetto di pochi metri quadri che non muore mai. Le sue acque sono salatissime e nessun pesce vi vive, ma l’acqua è sempre presente in tutte le stagioni. E’ ormai il tramonto e il silenzio nella zona è assoluto: senza i rumori di sottofondo tipici delle nostre città, persi in una distesa arida e inospitale ci sediamo ad ascoltare l’assenza di rumore. La sensazione è pazzesca: il minimo scricchiolio delle assi di legno, il proprio respiro diventano suoni, la sensazione di vuoto è assoluta e si riesce a sperimentare il rumore del silenzio. E’ uno stato d’animo non descrivibile che coinvolge tutti i sensi, un’esperienza paradossalmente assordante.
Il tramonto del sole ci rammenta che è ora di fare ritorno al nostro alloggio. Fatta una doccia ceniamo alla steak house del Furnace Creek, un poco caretta ma sia il vino californiano che le bistecche che ci servono sono ottime. La levataccia comincia a farsi sentire e dopo una breve passeggiata per il ranch ci avviamo verso la camera.
Il giorno successivo ci alziamo verso le 7, facciamo colazione e partiamo per Las Vegas. Ci attendono ancora due tappe nella Death Valley. La prima è Zabriskie Point, la vista resa famosa dal film di Antonioni che dà su delle costruzioni rocciose modellate in modo incredibile e di un colore giallo intenso. Anche questo scorcio regala forti emozioni e di malavoglia ci avviamo verso la tappa successiva. Dante’s view si raggiunge lasciando la strada principale e arrampicandosi sul fianco della montagna per arrivare in un punto panoramico dove si scorge tutta la parte sud della Valle della Morte. Ovviamente la vista è sull’inferno di Dante!
Questa è la nostra ultima tappa nella suggestiva e terribilmente bella Death Valley. Un ultimo sguardo e ripartiamo: destinazione Las Vegas.
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